La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6172/2025, ha definitivamente chiarito che il divieto previsto dall’art. 1, comma 3-bis, del D.lgs. 99/2004, secondo cui un amministratore può apportare la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) a una sola società, si applica esclusivamente alle società di capitali e non alle società di persone.
Tale decisione si inserisce nel più ampio quadro normativo riguardante le società agricole e la figura dell’imprenditore agricolo professionale. Com’è noto, il D.Lgs. 99/2004 ha introdotto la disciplina delle cosiddette “società IAP”, ossia società di persone, cooperative e società di capitali, anche a scopo consortile, il cui statuto prevede l’esercizio esclusivo delle attività agricole ai sensi dell’art. 2135 c.c. Per ottenere tale qualifica, queste società devono rispettare determinati requisiti soggettivi: nelle società di persone, almeno un socio (o l’accomandatario, nel caso delle Sas) deve possedere la qualifica di IAP; nelle società di capitali o cooperative, tale qualifica deve appartenere ad almeno un amministratore, che, nel caso delle cooperative, deve essere anche socio.
Successivamente, il D.lgs. 101/2005 ha introdotto il comma 3-bis nell’art. 1 del D.Lgs. 99/2004, stabilendo che la qualifica di IAP può essere apportata da un amministratore a una sola società. Come accennato, questa previsione ha dato luogo a interpretazioni divergenti, sollevando dubbi sulla possibilità per un IAP di ricoprire incarichi in più società agricole. La controversia esaminata dalla Suprema Corte riguarda l’ambito applicativo di tale divieto e, più specificatamente, la sua eventuale estensione anche alle società di persone oltre che alle società di capitali.
Con l’ordinanza in oggetto, la Cassazione ha annullato la sentenza n. 927/2018 della Commissione tributaria regionale del Veneto, che, in riforma della decisione di primo grado, aveva accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate secondo cui il divieto per gli IAP di amministrare più di una società doveva essere interpretato in senso estensivo, includendo sia le società di capitali sia le società di persone.
La Cassazione, invece, ha adottato un’interpretazione più restrittiva del divieto, affermando che esso si riferisce esclusivamente alle società di capitali e non si estende alle società di persone. La Corte ha sottolineato che la ratio legis del divieto introdotto dal comma 3-bis dell’art. 1 del D.lgs. 99/2004 è quella di prevenire il fenomeno dello “IAP itinerante”, ossia l’abuso della qualifica di imprenditore agricolo professionale da parte di soggetti che assumano la carica di amministratore in più società di capitali al solo scopo di permettere a tali società di acquisire la qualifica di società agricola e beneficiare delle agevolazioni fiscali connesse a tale status. Infatti, affinché una società di capitali possa essere qualificata come “società agricola” e accedere ai relativi benefici fiscali, è necessario che almeno un amministratore possieda la qualifica di IAP. In assenza del divieto, si potrebbe dunque verificare una prassi distorsiva in cui alcuni soggetti qualificati come IAP assumano la carica di amministratore in più società di capitali, permettendo loro di ottenere agevolazioni in maniera impropria.
Ebbene, con l’ordinanza in esame, la Cassazione afferma in modo inequivocabile il principio di diritto per cui “la limitazione dell’art. 1, comma 3-bis, del decreto citato, secondo cui la qualificazione di IAP può essere apportata dall’amministratore a una sola società, integrando una deroga al principio generale che importa la rilevanza delle attività dell’amministratore ai fini del conseguimento (e della stessa conservazione) della qualifica di imprenditore agricolo professionale, deroga volta a contrastare il fenomeno abusivo del cd. IAP ‘itinerante’ (ove un soggetto IAP assume il ruolo di amministratore di più società), si applica solo alle società di capitali e non anche alle società di persone, rispetto alle quali la responsabilità solidale e illimitata per le obbligazioni sociali gravante sul socio IAP è idonea ad arginare tale abuso”.
Tale interpretazione garantisce, senza dubbio, maggiore certezza nell’applicazione delle agevolazioni fiscali previste per le società agricole e fornisce un criterio interpretativo chiaro per la gestione della qualifica di IAP nelle diverse tipologie societarie.





