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Peste suina, dopo il caso romano per Confagricoltura va messa in sicurezza anche l’Umbria mettendo in pratica misure preventive

Caso di peste suina a Roma, Confagricoltura: “L’Umbria subito in sicurezza, mettiamo in praticale misure preventive necessarie che richiediamo da anni”

6 maggio 2022

Comunicato stampa

PERUGIA – Il nuovo caso di peste suina a Roma, con il ritrovamento di un cinghiale infetto nel parco dell’Insugherata, tra la via Trionfale e la via Cassia, è purtroppo la dimostrazione che non sono state effettuate le misure preventive necessarie che Confagricoltura aveva richiesto da anni. Quello della Capitale è il comune agricolo più grande d’Europa e, logicamente, l’eccedenza della popolazione dei cinghiali che scorrazzano liberi anche in città ha amplificato il rischio di trasmissione della malattia, con focolai di peste suina africana sui cinghiali sempre più frequenti anche in altre regioni.

Un pericolo quindi anche per la vicina Umbria, anche se al momento non è stato fortunatamente segnalato alcun caso. “Ma non bisogna abbassare la guardia e per questo – afferma il presidente di Confagricoltura Umbria Fabio Rossi – ora il nostro obiettivo prioritario è quello di salvaguardare i nostri allevamenti ed i nostri prodotti, come le eccellenze della norcineria, perché è grosso il rischio che corrono”. Senza contare anche il problema, al di là della peste suina africana, “del costo dei prodotti agricoli che faranno lievitare i danni”.

Per Confagricoltura occorre quindi agire immediatamente su due fronti. Bisogna riportare senza indugi la popolazione dei cinghiali ad un livello compatibile con le diverse aree, procedendo subito ad effettuare azioni di depopolamento. Gli agricoltori, presenti su tutto il territorio, insieme ai selecontrollori, potranno contribuire attivamente ed efficacemente al controllo della popolazione delle specie selvatiche. E’ anche necessario prevenire la diffusione prevedendo ulteriori sostegni agli agricoltori per aumentare la biosicurezza negli allevamenti.

“Da sempre – conclude Rossi – chiediamo di liberalizzare la caccia senza più settori e di rivedere zone vocate e non vocate e togliere quelle non vocate (i campi coltivati) dal controllo delle squadre e procedere con la completa eradicazione

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